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Viva la lotta dei contadini e del popolo peruviano

di Sonia Savioli





In Perù dal dicembre 2022 ad oggi sono stati uccisi dalla polizia 60 manifestanti. La maggior parte di loro erano contadini; manifestavano per il ripristino della democrazia, del diritto, della legalità. In due città delle Ande, Ayacucho e Juliaca, la polizia ha attuato dei veri e propri massacri, con 10 assassinati nella prima città, 19 nella seconda.

Il loro presidente, il presidente del Perù, Pedro Castillo, legittimamente eletto il 28 luglio 2021, è stato arrestato il 7 dicembre e imprigionato in un carcere di massima sicurezza.

Sessanta manifestanti ammazzati non fanno notizia nei media occidentali, non suscitano scandalo, pubblica indignazione, embarghi dell'Impero euronordamericano, eccetera.

Perché? E perché è stato arrestato Pedro Castillo?

Pedro Castillo è stato eletto presidente dal popolo del Perù nel luglio 2021, dopo una campagna elettorale in cui lui e la sua famiglia hanno subito continue minacce di morte da parte della fascista borghesia peruviana e dai latifondisti.

E' figlio di contadini e, dopo aver lavorato nei campi fin dall'infanzia ed essere riuscito a studiare nonostante tutto, è diventato insegnante nella scuola elementare del suo paese natale: un insegnante che faceva anche il cuoco e il bidello in una povera scuola contadina.

La sua elezione a presidente è stata un brutto colpo per le multinazionali che sfruttano

il paese: compagnie minerarie e petrolifere di tutto il mondo, contro cui si battono da decenni i popoli indigeni contadini, che vedono distrutti i loro territori, inquinate le loro acque. E' stato un brutto colpo per la grassa e feroce borghesia peruviana loro complice.

La vittoria di Pedro Castillo è stata la vittoria dei contadini, degli indigeni, del popolo sfruttato.

Che cosa ha fatto Pedro Castillo per essere arrestato?

Ha iniziato una riforma agraria che garantiva "un accesso più equo ai mercati per i contadini poveri"; ha aumentato il salario minimo; ha venduto l'aereo presidenziale; ha vietato ai funzionari pubblici di viaggiare in prima classe nelle trasferte; ha abbassato i lauti stipendi delle alte cariche dello Stato; ha rinunciato al suo stipendio di Presidente, mantenendo lo stesso stipendio che aveva da maestro. La sua riforma agraria, finalizzata a sostenere l'agricoltura famigliare e quella comunitaria e cooperativa, anche con acquisti da parte dello Stato per sostenere i piccoli contadini, li sottraeva ai ricatti dei grossisti e delle multinazionali; permetteva ai contadini e ai loro figli di rimanere sulla propria terra e di non farsi schiavizzare da compagnie estere e latifondisti.

Tutto questo, potete facilmente capirlo, gli ha creato potenti nemici, a partire dai politici di un parlamento che nella sua maggioranza gli era ostile. Per tutto questo Pedro Castillo è stato arrestato il 7 dicembre con l'accusa di ribellione e colpo di stato.

"Non ho commesso reato di ribellione. Non ho imbracciato le armi e non ho mai invitato nessuno ad imbracciarle".

Questo non gli ha evitato di essere condannato a 18 mesi di carcere.

Erano altre le sue colpe: avere fatto gli interessi del popolo contadino peruviano, avere minacciato gli interessi delle multinazionali e dei parassiti peruviani, grassa borghesia, latifondisti e politici loro complici.

Ma non è difficile capire che, finalmente, per i contadini, gli indigeni, i lavoratori del Perù, Pedro Castillo è il loro presidente: un figlio del popolo, un rappresentante delle loro vite, aspirazioni, sofferenze e lotte. Uno di loro, il loro araldo e simbolo e, dunque, l'arresto del loro presidente è sentito come un'aggressione e un'offesa a tutti loro.

Per difenderlo sono scesi dai villaggi delle Ande, sono usciti dalle periferie senza fogne e senza acqua corrente. Per questo hanno bloccato le strade, invaso le città, per questo sono morti in sessanta e più di cinquecento sono stati feriti.

Tutto questo però non ferisce le orecchie dell'Occidente. Forse perché l'Occidente è più interessato ai profitti delle multinazionali minerarie, petrolifere, agroalimentari. E' più interessato allo sfruttamento dei popoli del terzo mondo che alla loro liberazione e autonomia.



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