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"La mia casa diventa un universo" ANTICA POESIA CINESE


Dopo migliaia di anni l'antica poesia cinese continua a parlare un linguaggio comprensibile ed emozionante per ogni essere umano; ad esprimere sentimenti condivisibili da ogni essere umano; a regalarci immagini vivide.

E' una poesia che non riescono a scalfire nemmeno le guerre, gli esìli, la povertà, ma è capace di farne anzi il proprio argomento, con una semplicità magistrale e un'eleganza che non viene mai meno.

Donne e uomini, letterati e imperatori, funzionari ed eremiti: la poesia faceva parte della loro vita quotidiana.

Dovrebbe far parte della vita quotidiana di ogni essere umano. E' l'unica nostra arte che supera tutte le barriere temporali e culturali, che rivela ed esprime l'intima essenza umana.

Forse la poesia ci salverà?




Le rovine di Lo-yang

Mi arrampico fino alla cresta del monte Pei Mang

e guardo in giù sulla città di Lo-Yang.

A Lo-Yang, oh, come tutto tace!

Palazzi e case tutte incenerite,

mura e cinte sfondate, rovinate;

rovi e spine che salgono fino al cielo.

Gli antichi vecchi non li vedo più;

vedo soltanto i giovinetti nuovi.

Giro di lato, che la via dritta si perde;

campi di erbacce che non saranno più arati.

Io sono stato assente per tanto tempo

che non so riconoscere le strade.

Brutte e tristi sono le vuote brughiere;

mille miglia senza un camino che fuma.

Penso alla casa dove ho vissuto tanti anni;

ho il cuore stretto e non riesco a parlare.


Tsao Chih (192-232 d.C.), terzo figlio dell'imperatore Tsao Tsao dei Wei


Ombroso, ombroso il bosco davanti all'atrio,

a mezza estate, pieno d'ombre tranquille.

Il vento del sud segue il corteo dell'Estate

e con le sue girandole mi apre il mantello.

Son sciolto da lacci e posso stare a riposo;

quando mi sveglio mi diverto coi libri e con l'arpa.

La lattuga in giardino cresce tenera ancora,

del grano dell'anno scorso ancora ne avanza;

per bastare a sé stessi occorre restare nei limiti

ed io non desidero più di quanto mi basta.

Macino il miglio e mi fabbrico del buon vino,

quando il vino è caldo me lo mesco da me.

I miei bambini piccini mi giocano accanto,

imparando a parlare balbettando suoni informi.

Queste cose m'hanno reso di nuovo felice

e mi scordo il perduto "Berretto di governo";

lontano, lontano contemplo le nuvole bianche,

nostalgico penso ai saggi dell'antichità.


T'ao Ch'ien (372-427 d.C.) Nato da una famiglia modesta, dopo essere stato piccolo funzionario di Stato in gioventù, decise di tornare a vivere in campagna. Poeta e scrittore molto amato in Cina e considerato universalmente come uno tra i più grandi letterati cinesi. In Italia in questo tempi non c'è neanche un libro di sue prose o poesie tradotto ed edito nella nostra lingua.


Il vento della valle


Vivendo ritirato di là dal mondo,

godendomi in silenzio l'isolamento,

stringo di più la corda della mia porta,

tappo la mia finestra con bulbi e felci.

L'animo mio s'intona alla primavera,

al finire dell'anno ho l'autunno in cuore.

Così, copiando i mutamenti cosmici

la mia casa diventa un Universo.


Lu Yun (IV secolo dopo Cristo)


La gente nasconde l'amore


Chi dice mai

che sono io che lo voglio

questo distacco, questo vivere lontano da te?

Le mie vesti odorano ancora dello spigo che mi donasti,

la mia mano tiene ancora la lettera che m'inviasti,

intorno alla vita porto sempre una doppia cintura;

sogno che essa ci lega entrambi in un unico nodo.

Non lo sapevi tu che la gente nasconde l'amore

come un fiore troppo prezioso per essere colto?

Wu-Ti, imperatore dei Liang (500 d.C.)


Fiori e chiaro di luna sul fiume a primavera


Il fiume di sera

è immobile e liscio;

i colori del maggio

si aprono tutti.

Un'onda improvvisa

si porta via la luna;

e l'acqua di marea

arriva col suo carico di stelle.


Yang-Ti, imperatore dei Sui (569-618)


Il canto dei carri di guerra


I carri di guerra si avanzano cigolando,

con lunghi nitriti i cavalli li vanno trascinando.

I soldati partono, al fianco l'arco e le frecce-

i vecchi le spose e i bimbi li seguono ancora.

Il ponte a Sien-yang è scomparso nel polverone;

si attaccano tutti alle vesti dei loro cari,

tentano di sbarrare la strada e singhiozzano,

salgono al cielo i pianti dei disperati.

Ed ecco un passante interroga uno dei soldati:

"La chiamata alle armi spesso, ahimè, si rinnova.

Quindicenni si parte a difendere il fiume del Nord,

quarantenni ci si accampa nei campi dell'Ovest.

Fanciulli, il Li-cheng ci mette in fronte la benda,

canuti, appena tornati, già ci richiamano.

Sulla frontiera il sangue scorre, dilaga,

ma l'ambizione guerriera dell'imperatore

Wu non si sazia ancora. Non le vedete

a sud del Monte, le duecento province degli Han

abbandonate, e ogni borgo invaso dai rovi?

Sono donne forti, che lavorano al posto degli uomini,

ma il grano cresce senza ordine nei campi...

Gli Tzin sopportano meglio fatiche e battaglie

e ci mandano ovunque come cani e galli ammaestrati.

Interrogandomi, Signore, mi onora

ma come oserò confidargli tutto il mio odio?

La chiamata alle armi ad Ovest non cessa mai,

la tassa del sottoprefetto strozza i raccolti,

come faremo a pagare?"


O, invero, avere dei figli è una sventura!

Si è più contenti se nascono delle figlie:

almeno, cresciute, si sposano ad un vicino.

Ma i corpi dei figli si sfanno coll'erba, nei campi...

Non vedete dunque, tutto attorno a Ts'in-hai

gli scheletri bianchi che giacciono abbandonati

fin dai tempi remoti?

I mani dei morti recenti

ci dicono i loro rimpianti;

i mani dei morti antichi piangono invano

nei tempi piovosi e bui, con gridi di uccelli -

Tzi-u, tzi-u.



Dal cortile sale uno starnazzare confuso;

nel momento che i galli s'azzuffano arrivano visite.

Scacciamo i guerrieri che volano sui rami degli alberi;

allora si sente bussare all'uscio di casa.

Tre o quattro vecchietti vengono a udir le mie nuove;

ciascuno mi porta un regalo.

Mi mescono varie qualità di liquori:

"Ci scuserai, dicono, è roba da poco.

Ma i campi sono tutti abbandonati,

la guerra e i massacri non finiscono mai,

i nostri figli sono tutti chiamati all'Est".

"In onor vostro canterò una canzone -

rispondo – sono commosso da tanta bontà".

A canzone finita guardo il cielo e sospiro.

Nei quattro angoli bui le lacrime brillano.

Tu-fu (712-770) Tu-fu è considerato uno dei più importanti poeti cinesi della dinastia Tang. Visse poveramente con la sua famiglia ma fu sempre onorato e amato dai suoi contemporanei.


Civiltà


Verso sud-est, a tremila leghe da qui,

il Yuang e il Siang formano un vasto lago.

Sopra quel lago son valli alpestri profonde,

là vivono uomini dal cuore senza malizia.

Allegri come bambini sciamano sugli alberi

o corrono all'acqua per prendere trote e carpe.

Le loro gioie sono gioie di bestie e di uccelli,

non mettono freno né al corpo né al pensiero.

Ho girovagato assai per le Nove Contrade:

ovunque simili usanze sono sparite.

Mi trovo a chiedermi perplesso

se Santi e Saggi ci han fatto davvero un gran bene.

Yuan-Chieh (719 – 772)


Protesta nel sesto anno di Chien-Fu


I colli e i fiumi della bassa landa -

ne avete fatto campo di battaglia;

come pensate che gli abitanti

potranno procacciarsi

"Fieno e legna da ardere"?

Basta con questo vostro cicalare

di titoli e di gradi:

ché la fama d'un solo generale

si fa con diecimila corpi morti.


Tsao Sung (830-919 d. C.)

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