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La follia dello sviluppo economico e della transizione ecoillogica. La sua fine o la nostra.

di Sonia Savioli





Alla fine della scorsa, disastrosa estate, ho potuto constatare che i miracoli si avverano e sarebbero sotto gli occhi di tutti, se tutti avessero ancora gli occhi per vedere ciò che li circonda e non solo ciò che passa sullo schermo dello scemofono, detto "smart".

Dopo mesi e mesi di siccità e di caldo fino a pochi decenni fa anormale, che ha fatto seccare e cadere buona parte delle olive, che "cuoceva" i pomodori sulla pianta e appassiva le piante di zucca, che ha asciugato i fiumi e i ruscelli di queste valli, riducendoli a morte pietraie, c'è stato qualche giorno di buona pioggia. E, improvvisamente, tutte le foglie appassite si sono ravvivate e sollevate; gli alberi che ancora resistevano alla tentazione di entrare in riposo vegetativo hanno ravvivato il loro verde e sui rami sono spuntate nuove foglie; sulla terra dei campi coperti di erbe secche o di polvere si è disteso un velo verde di erbe novelle; arbusti ormai secchi sono tornati in vegetazione dopo qualche giorno.

Tutta la vegetazione ha ripreso forza e coraggio e persino le olive sono raddoppiate di volume. Una tale resistenza ci incoraggia a resistere. Le piante ce la stanno mettendo tutta per salvare la vita del pianeta, per rigenerare terra, aria, acqua. Ma non possiamo lasciarle da sole, noi che le amiamo.


Nel 1965 Frank Ikard, il presidente dell'American Petroleum Institute, l'associazione dei petrolieri americani, nel suo rapporto annuale esprimeva preoccupazione e metteva in guardia i suoi "colleghi" sulle conseguenze economiche dell'inquinamento causato dal consumo di petrolio. Era preoccupato, Franck Ikard, perché il rapporto del Comitato Scientifico Consultivo presidenziale aveva lanciato l'allarme sull'aumento dell'anidride carbonica in atmosfera, dovuto alla combustione di petrolio e carbone. "L'anidride carbonica aumenta nell'atmosfera terrestre alla quantità di 6 miliardi di tonnellate all'anno in conseguenza della combustione di carbone, petrolio e gas naturale... la quantità di anidride carbonica in atmosfera e nell'oceano è cresciuta, tra il 1860 e il 1960 approssimativamente del 7% ".

ERA IL 1965.

Il comitato scientifico auspicava una politica che disincentivasse il consumo di combustibili fossili. (1)

Ikard auspicava un impegno maggiore dei petrolieri nelle relazioni con il governo e la politica, un impegno maggiore nel propagandare il punto di vista dell'industria petrolifera e nel suo coinvolgimento negli affari pubblici. (2)


BENE. DICIAMO CHE CI SONO RIUSCITI, VISTO CHE DOPO SESSANT'ANNI C'E' ANCORA CHI RIFIUTA DI CONSTATARE UN CAMBIAMENTO CLIMATICO CHE STA DIVENTANDO CATASTROFICO; C'E' ANCORA CHI RIFIUTA DI ACCETTARE L'EVIDENZA DI UN CAMBIAMENTO CLIMATICO GENERATO DAL SISTEMA ECONOMICO MONDIALE.

Perché questo significherebbe essere pronti a modificare società ed economia, consumi e stili di vita. Essere pronti ad accettare una rivoluzione salvifica. Meglio credere ai cattivoni che modificano il clima apposta per... non si sa per cosa, forse perché, come i virus, sono cattivi e vogliono nuocerci.

Chi ha creduto alla pandemenza lo ha fatto in molti casi perché non crederci avrebbe significato soffrire di più e dover agire contro un sistema che si scopriva nocivo e ingannevole in tutte le sue componenti. Avrebbe significato più paura, più angoscia di fronte a un progetto folle che coinvolgeva pseudoscienziati, media e politici; avrebbe significato dover agire contro un tale sistema e le sue menzogne, trovandosi dall'altra parte della barricata: quella di una minoranza. Avrebbe significato rischiare l'isolamento.

Meglio credere a un virus minaccioso, dal quale il sistema voleva proteggerci.

Un sistema che non ci ha mai protetto da pesticidi, inquinamento da gas di scarico, prodotti chimico sintetici cancerogeni e mutageni! Un sistema che fa della guerra un'occasione di profitto, riempie arsenali di armi letali e ne produce a ritmi forsennati, vende armamenti, fomenta guerre per poterli consumare. Ma, per quanto fosse assurdo crederlo, per molti era l'unica possibilità di non sprofondare nell'angoscia e nella depressione.

Chi si rifiuta di vedere che il cambiamento climatico sta mettendo a rischio la sopravvivenza della vita come la conosciamo, chi si rifiuta di credere che sia dovuto a quei quattordici miliardi e mezzo di litri di petrolio che bruciamo ogni giorno, a quel milione e mezzo di tonnellate di carbone che bruciamo ogni giorno, a quei 60 milioni di barili di gas naturale che bruciamo ogni giorno, sta reagendo allo stesso modo. Rendersi conto di ciò che sta succedendo e della necessità di un cambiamento epocale per ognuno e per tutti noi sarebbe troppo destabilizzante per la sua psiche. Troppo angosciante pensare di cambiare in maniera radicale stile di vita, consumi, comportamenti. Impossibile pensare di dover rinunciare ai giri in moto del fine settimana, ai viaggi aerei per andare in vacanza, al resort, allo scemofono, alle settimane bianche sulla neve artificiale, alle crociere, alla nutella e alle cene all'olio di palma al ristorante, e persino alla carne da allevamento intensivo e al prosciutto coi nitrati nitriti antibiotici, all'apericena con piatti bicchieri posate di plastica. Andare controcorrente non solo a livello sociale ma anche a livello psicologico e culturale.

Meglio credere che sia colpa delle scie chimiche prodotte apposta dai padroni del vapore (ed è così, in effetti, perché la narrazione delle scie chimiche viene dalle loro "agenzie di notizie false", dai loro troll, dai loro "pensatori di inganni").

Meglio credere che sia colpa delle macchie solari.

Meglio credere che non si debba cambiare nulla.

MA, IN TUTTI E DUE I CASI, IL NON VOLERSI CONFRONTARE CON LA REALTA', PRENDERNE ATTO E AGIRE DI CONSEGUENZA, PORTA A ESITI FATALI.


Nel 1961 Jack Richardson Wyler, geologo ingegnere petrolifero, spiegava a suo figlio che "per accrescere la produzione, le compagnie stavano estraendo petrolio da sempre maggiori profondità, e sviluppando tecnologie per estrarre altro petrolio da giacimenti esauriti... e fra alcuni decenni non sarà più economicamente remunerativo estrarre petrolio" (3).

Il picco del petrolio è già stato raggiunto e superato, estrarlo costa sempre di più; il petrolio di scisto, estratto da rocce e sedimenti con tecniche estremamente inquinanti, non sarebbe remunerativo per le compagnie, se non fosse sovvenzionato dagli stati, USA in primis. (4)

Ma anche questa semplice informazione, benché proveniente proprio dagli scienziati-tecnici dell'industria petrolifera, viene negata dal capitalismo globale per il terrore di veder diminuire i consumi di petrolio. Viene negata anche da cittadini comuni, per il terrore di doversi adeguare a una nuova e diversa civiltà.


Gli Uwa, indigeni colombiani, come commento allo sviluppo dell'industria petrolifera dissero: "Il petrolio è il sangue della terra; se lo estraete, la terra morirà".

Naturalmente, noi astuti civilizzati sappiamo che non è così. Noi sappiamo che la terra non ha vene, non ha sangue. Noi siamo "scientifici". Almeno fino a un certo punto: il punto in cui la scienza ci dice che dobbiamo scomodarci se vogliamo sopravvivere. Allora cerchiamo una scienza diversa, che ci rassicuri e ci consenta di continuare come prima: la scienza mainstream, la scienza nella corrente, quella che fa gli interessi del globalcapitalismo.

Questo ci ha permesso di "progredire", di superare i limiti, di passare di conquista in conquista come un inarrestabile esercito invasore: occupare e conquistare la vita, come se fosse il nostro più acerrimo nemico, e ridurla schiava alla nostra mercé. Senza capire che, poiché facciamo parte della vita naturale, stiamo distruggendo e schiavizzando noi stessi.

Siamo astuti ma stupidi. La terra non ha vene, non ha sangue ma, continuando ad estrarre petrolio, morirà. Questo dicevano gli Uwa, questo avevano compreso. La saggezza che appartiene a popoli come gli Uwa non ha bisogno di prove scientifiche per capire la realtà, ma quella saggezza comprensiva e completa la nostra civiltà l'ha eliminata come zavorra dal bagaglio del progresso: rallentava il cammino.


La civiltà industriale e il suo progresso, staccandoci dalla vita naturale, rendendoci incapaci di vedere le cause e le conseguenze delle nostre azioni, scelte, consumi, istruendoci solo a compiere un lavoro spesso alienante, sempre specifico e specializzato e quindi rendendoci anche incapaci di provvedere a noi stessi, incapaci di coltivare, allevare, aggiustare, costruire, tessere, cucire, cucinare ecc., ci ha resi dementi. Mancanti di un'intelligenza completa, dotati di un'intelligenza parziale e quindi non intelligenti.

E' questa incapacità di collegare i fenomeni, che permette al globalcapitalismo di far passare per "transizione ecologica" l'ennesima rapina e distruzione dell'ambiente. E di farlo credere persino a una parte del movimento ambientalista.

Perché ci piace credere che potremo continuare come prima, solo sostituendo il petrolio con l'elettricità o l'idrogeno; solo sostituendo l'energia elettrica da petrolio, carbone, gas, con energia elettrica da pannelli fotovoltaici, pale eoliche, dighe grandi e piccole.

A noi piace crederlo e ai capitalisti piace che lo crediamo, così da giustificare il fatto che lo Stato versi centinaia di milioni nei loro insaziabili gargarozzi con il pretesto di realizzare tale "transizione energetica". Solo menti limitate e fiduciose come quelle di un bambino possono accettare la versione della "transizione energetica" senza domandarsi da dove verrà tutta l'energia per creare i sistemi e gli oggetti di tale transizione, e quanta ce ne vorrà.

Quanta energia ci vorrà per costruire pale eoliche alte 160 metri, cioè come un grattacielo di cinquanta piani; per realizzare impianti di pannelli fotovoltaici; per costruire dighe; per coltivare milioni di ettari di piante da biomasse da bruciare nelle centrali elettriche. Senza contare la distruzione delle foreste per bruciare legna nelle centrali a biomasse legnose.

Eccola qui, la realtà: la produzione di un singolo pannello solare genera più di 70 chili di anidride carbonica; la durata di un impianto fotovoltaico in mano a compagnie private non supera i 10-12 anni, anche se, è bene ricordarlo, la vita di un pannello solare può durare 30 anni. Ma la falsa transizione energetica non è concepita per piccoli impianti che rendano autonome famiglie e comunità dal punto di vista energetico; famiglie e comunità che si preoccuperebbero della manutenzione degli impianti e di farli durare il più a lungo possibile.

Nel mondo ci sono cinque mostruosi impianti di pannelli fotovoltaici in grado di produrre 1GW di elettricità. Ebbene, per realizzare uno di questi impianti (e ce ne vorrebbero decine di migliaia per sostituire l'energia oggi prodotta dai combustibili fossili) occorrono: 30.000 tonnellate di alluminio, 5.000 tonnellate di rame, più di 200.000 tonnellate di calcestruzzo, oltre 100.000 tonnellate di acciaio, 46.000 tonnellate di vetro; oltre a centinaia di tonnellate di altri metalli come nichel, cromo, molibdeno o titanio. E non dimentichiamo la plastica e altri materiali sintetici; non dimentichiamo neanche che gli impianti fotovoltaici richiedono terreni per piazzarceli e che, per tutta l'energia che consumiamo, non bastano i tetti nemmeno di tutte le città del mondo.

Eccola qui la realtà: per produrre una turbina eolica da 5MW (come quelle che i nostri governi, uno o l'altro non fa differenza, vogliono installare sui crinali del Mugello, a ridosso del Parco delle Foreste Casentinesi) occorrono 750 tonnellate di acciaio e minerale di ferro, 35 tonnellate di fibra di vetro, 25 tonnellate di zinco, 1,5 tonnellate di nichel e altri metalli rari, 2500 tonnellate di calcestruzzo. E non dimentichiamo la plastica e gli altri materiali per le condutture che devono collegarla alle centrali elettriche.

Eccola qui la realtà: per fare un chilo di idrogeno (che farebbe viaggiare un camion per nove chilometri o un'auto per 100 chilometri, E CHE VIENE PRODOTTO BRUCIANDO GAS O PETROLIO) occorrono mediamente 10 litri di acqua e 50-65 Kwh di elettricità; MENTRE IL CHILO DI IDROGENO PRODUCE 33-34 Kwh !!! Un'efficienza energetica da comiche. (5) (6) (7) (8) (9)

Eccola qui la realtà: fabbricare una batteria per auto elettrica produce da 2.400 a 16.000 chili di anidride carbonica ma solo per quel che riguarda il "fabbricare", cioè la manifattura industriale. Poi ci sono le emissioni e i costi ambientali dei materiali che servono a fabbricare la batteria: una singola batteria per auto richiede lo scavo, lo spostamento e il trattamento di 225 tonnellate di materiali. (10)

E GLI ENORMI MACCHINARI USATI NELLE SMISURATE MINIERE A CIELO APERTO CHE SCAVANO ED ESTRAGGONO RAME, LITIO, COBALTO, INDIO, VANADIO, ECC. NON FUNZIONANO CON LA MAGIA MA CON IL PETROLIO.


Forse per la transizione energetica ecoillogica occorrerà tutto il petrolio che ancora si può riuscire a estrarre dalle viscere della terra. Che ne morirà.

Ma i pazzi pericolosi che sono i globalcapitalisti del ventunesimo secolo, veri pirati dell'economia, saccheggiatori furiosi e insani, e i loro dementi e ignoranti servi politici pensano solo a impadronirsi dei soldi degli Stati e delle fonti energetiche, a farne monopoli privati, fonti illimitate di profitto e potere. E di distruzione ambientale.

Chissà se il petrolio che resta potrà bastare anche per realizzare il sistema 5G, il sistema distopico di controllo capillare e totale, di mostruoso e capillare accumulo di informazioni su tutto e tutti.

Forse no, dato che la sua realizzazione prevede la messa in orbita di più di 100.000 satelliti, con relativa partenza di migliaia di razzi, e che il lancio di ogni razzo richiede la combustione di quasi un milione di litri di benzina (12) (13). E poi prevede che miliardi di umani si dotino di miliardi di nuovi internet-cellulari collegati a centinaia di miliardi di oggetti e strumenti cibernetici di ogni inutile tipo pensabile, e impensabile dai sani di mente, e che ognuno di questi oggetti richiede energia per essere prodotto, energia per funzionare.

Forse no. Forse la terra morirà prima. A meno che...


Qualche altra, seppure scarsa, pioggia autunnale e su queste colline ottobre è riuscito a riempire l'autunnale cornucopia: cachi e cotogne, mele e pere, uva, funghi, castagne... Qualcosa più scarso, qualcosa abbondante come al solito.

Molti alberi mostrano la sofferenza: le foglie da verdi diventano scure e secche; le vigne sono marroni invece che gialle o rosse e così la maggior parte degli arbusti. I segni della sofferenza e della morte si mischiano a quelli di una vitalità che non cede.

Adesso tocca a noi, alle nostre menti e ai nostri cuori, alla nostra intelligenza e al nostro amore tornare a comprendere ciò che serve e vale e ciò che distrugge la vita, anche la nostra stessa vita. Ritrovare la vitalità e l'equilibrio che permetterebbe di riparare quella rete della vita che la nostra civiltà delle rivoluzioni industriali ha strappato e danneggiato e che la Quarta Rivoluzione Industriale ridurrebbe a brandelli irreparabilmente.

Un po' di pazzia a primavera

è opportuna anche per un re

ma Dio protegga il folle-

che valuta il grandioso scenario-

l'intero esperimento verde-

come se gli appartenesse!

(Emily Dickinson)


"Energia verde? Prepariamoci a scavare" di Giovanni Brussato – edizioni Montaonda


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