
Di nuovo Ghiannis Ritsos. Non più il poema gioioso e sensuale della Grecia resistente e vivace, dei paesaggi, degli alberi, degli animali e della gente della terra greca. Queste sono le poesie della persecuzione, del carcere, dell'oscura dittatura e della tenacia sofferente. Ma nelle quali Ritsos non perde la sua grandezza, la capacità di trasmetterci la comprensione profonda, di vedere le cause dell'agire umano e delle vicende storiche e di sintetizzarle in versi che rivelano le cause anche del nostro agire, il lavorìo dei tempi e delle circostanze sulle nostre anime.
Le tombe degli antenati
Dovremmo custodirli i nostri morti e la loro forza, per
timore che un giorno o l'altro
i nostri nemici li dissotterrino e li portino con sé. Nel qual
caso,
senza la loro protezione, saremmo in pericolo due volte.
Come vivere
senza le nostre case, i mobili, le terre, e sopratutto senza
le tombe dei nostri antenati, filosofi e guerrieri? Ricordiamo
come gli spartani trafugarono le ossa di Oreste da Tegea.
Bisognerebbe
che i nostri nemici non sapessero mai dove li abbiamo
seppelliti. Ma
come potremmo mai sapere quali sono i nostri nemici
o quando e da dove appariranno? Dunque, non monumenti
maestosi,
non ornamenti sgargianti – ciò che attira l'attenzione
e l'invidia. I nostri morti
non ne hanno affatto bisogno, - sobri, modesti, silenziosi
adesso,
indifferenti all'idromele, agli ex voto, alle glorie vane.
Meglio
una pietra nuda e un vaso di gerani, segno segreto,
oppure niente. La cosa più sicura, potendo, il portarceli
dentro,
e meglio ancora non sapere neppure noi dov'essi giacciono.
Al punto in cui sono le cose ai giorni nostri – chissà -
potremmo disseppellirli noi stessi, un giorno, e gettarli via.
Un uomo
Strano uomo, davvero, con uno sguardo inverso,
un'andatura inversa. Dentro il suo corpo (lo sapevamo con
certezza)
aveva accumulato non affatto le immagini, le copie – ma le
cose stesse,
quei bei monti ricoperti di pini, il colle con le tre colonne,
l'uliveto ai piedi del colle, il cavallo rosso, gli scalini
scavati nella roccia che conducono alla casa che fuma, e ancora
i due bicchieri sul vassoio d'argento. Quando lo rinchiudono,
lui sale
quei monti ricoperti di pini (dentro il suo corpo), siede sulla
pietra,
guarda il mare, accarezzando una larga foglia di platano sulle
ginocchia
come lisciasse una lettera appallottolata dalla collera o dal
dolore.