La tentata dittatura e le scorie del capitalismo

m184

di Sonia Savioli

1 Maggio 2025

Il capitalismo ha un grande bisogno delle guerre, e lo ha sempre avuto: con le guerre si conquista ma inoltre, per male che vada, si vendono armi e annessi e connessi: un sacco di roba costosa. Oggi però avrebbe anche bisogno di una dittatura europea. Ne avrebbe preferita una mondiale ma è costretto ad accontentarsi. Non può realizzarla apertamente, non ne ha le forze: qualsiasi dittatura deve comunque basarsi sul consenso e la convenienza di una parte consistente, anche se non maggioritaria, della popolazione, e il parassitario globalcapitalismo non vuole e non può concederlo. Ha sognato di realizzare una dittatura globale basata sull’inganno e ci ha provato con la falsa pandemia da coronavirus. E’ stato un tentativo di dittatura (un sogno, un delirio da alcolisti in fase finale) solo apparentemente incruento, perché i “protocolli” dettati dall’OMS, con relativi farmaci e ossigenazione forzata dei pazienti dichiarati affetti da covid, hanno provocato-procurato migliaia di morti, funzionali alla narrazione pandemica. Siccome non erano comunque sufficienti a iniettare il terrore nelle menti plasmabili degli umani dell’era mediatico-cibernetica, è bastato attribuire all’ignaro virus tutti i morti per qualsiasi causa e, naturalmente, istruire i media perché facessero la loro parte. Solo apparentemente incruenta, perché gli pseudovaccini, a base di una molecola-mostro vivente e attiva, messa insieme in laboratorio dagli apprendisti stregoni, stanno uccidendo giovani, vecchi e bambini, spegnendoli di colpo come candele a cui manchi l’ossigeno, ammalandoli delle “vecchie” malattie ma un po’ più veloci e più maligne, creando malattie nuove e incurabili. Stanno abbassando l’età di vita media dei popoli europei e aumentando la mortalità infantile. (1) (2) Ma tutto ciò viene ignorato: facciamo finta di niente, dice il popolo-struzzo e, con la testa sotto la sabbia, si ammala o anche muore ma evita così di spaventarsi, e anche di prendere adeguate contromisure che forse potrebbero salvarlo. Del resto, appare chiaro come ormai i popoli europei, e in particolare i popoli europei occidentali, di contromisure non ne prendano più, nemmeno quando coloro che li opprimono fingendo di governarli stravolgono il risultato delle loro “libere” elezioni. Vedi Francia. Comunque, dato che la dittatura pandemica è fallita, ringraziando gli altri popoli e una percentuale minoritaria, scombiccherata ma indomabile di europei, cosa c’è di meglio della guerra per imporre misure liberticide e per stanziare una valanga di miliardi a favore delle multinazionali degli armamenti. Della guerra o della paura della guerra. Minacciano, i governanti europei, gridano aita aita! mentre nessuno li tocca, avvisano el pueblo che una guerra ci sarà, che bisogna prepararsi, armarsi, mettere in un fagottino la radio e un coltellino e… la carta igienica. Pensano forse di essere già riusciti a provocarci delle incontrollabili evacuazioni. Tutto questo sarebbe ridicolo, ma era ridicolo anche attribuire a un virus ignaro le morti di ultraottantenni operati tre volte di cuore e tamponati dopo morti con un tampone che poteva a malapena distinguere tra un anticorpo e una bava di lumaca. A rendere vere le menzogne ci pensano i media. Basta che il fracasso sia assordante e persino gli sciami di api, esseri veramente intelligenti, anche se non se ne vantano, rischiano di confondersi. A differenza di noi, però, non si agitano e stanno ferme finché il fracasso non cessa. Piccola divagazione zoologica non del tutto insignificante. Ma perché il capitalismo ha oggi così bisogno di una dittatura? Perché non è più in grado di fare i propri interessi e, contemporaneamente, riempire la greppia di noi popoli dominatori e delle nuove borghesie schiaviste del terzo mondo. Perché non può più? Perché nella sua natura è la sua fine: cercare sempre e ad ogni costo il massimo profitto e voler aumentare sempre di più quel massimo profitto porta all’esaurimento del mercato, cioè all’esaurimento dei consumatori; per questo gli Stati stanno sostituendo i consumatori ma, diventando essi i consumatori compulsivi, esauriranno in breve anche le proprie risorse. Facciamo un piccolo riassunto dei tempi recenti, dato che il frastuono confonde le idee. Nel 1991 c’è il crollo dell’Unione Sovietica, che trascina nel naufragio tutti i paesi socialisti dell’est Europa, e lascia senza sponde economiche e politiche i paesi socialisti o non allineati del terzo mondo. Si apre la riconquista del mondo da parte del capitalismo, che muta, come le crisalidi diventano farfalle. O come, nei film dell’orrore, i cadaveri diventano vampiri. Inizia il tempo del neoliberismo-neocolonialismo: in una parola, della globalizzazione. Nel 1995 nasce, su istruzione delle multinazionali, l’OMC o WTO, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, il cui compito è quello di abbattere tutte le barriere, i limiti, i condizionamenti alla libera circolazione delle merci. Niente più dazi, tasse, regole; niente più protezioni da parte degli Stati per i propri produttori, per la propria agricoltura, industria, artigianato. Le uniche sovvenzioni che devono rimanere sono quelle che, indirettamente, beneficiano le multinazionali: sementi certificate, pesticidi e concimi chimici, grandi macchinari e via distruggendo. Da quel momento la protezione della propria economia e dei propri lavoratori e produttori, delle proprie terre e acque, diventa l’esecrato protezionismo o sovranismo. Contemporaneamente, vengono distrutte le tutele dei lavoratori e viene dato il via libera a un’altra merce preziosa per il capitalismo: gli schiavi. Schiavi nei paesi d’origine, complici governi corrotti o sotto ricatto; schiavi nei paesi ricchi, “importati” a carrettate e sfruttati in modo inumano nel silenzio complice di istituzioni e sindacati. Altro che “accoglienza”. Inizia il tempo dell’Impero Globale Capitalista. Non sono più ammessi gli Stati sovrani. Esattamente come sotto qualsiasi impero del passato: si accentrano i poteri, che si allontanano sempre più dai popoli e ne sono sempre meno influenzati. Il capitalismo a questo punto ha potuto delocalizzare. Ha potuto sfruttare senza limiti i paesi del sud del mondo e non ha avuto più bisogno di industrie: ci sono i subappalti. In Africa e in America Latina enormi estensioni di coltivazioni intensive vengono fatte coltivare dai capoccia locali per poi venderne i prodotti ai faccendieri internazionali. Nei sottoscala, nei seminterrati, nelle baracche dell’ Asia si producono tessuti, scarpe, borse, si ricicla la plastica, si lavora legno, metallo, stoffa, che partiranno per i paesi occidentali. I salari sono miserabili e compensano largamente le spese dei trasporti. Trasporti, peraltro, sovvenzionati e agevolati da governi occidentali ormai lacché proni delle multinazionali. In schematica sintesi: la produzione si sposta nei paesi dominati, magari dopo qualche colpo di stato, assassinio di presidente, guerre su commissione da parte di squadracce armate dall’Occidente; le fabbriche occidentali chiudono; le piccole attività agricole e artigianali non reggono la concorrenza dei prodotti a basso prezzo fabbricati dagli schiavi e svaniscono. Con loro svaniscono milioni di posti di lavoro in tutti i paesi industrializzati. (3) Tutto questo però crea una contraddizione e un problema potenzialmente mortale per il capitalismo, potenzialmente salvifico per la vita del pianeta: rischia di far sparire anche il consumatore occidentale. Impiegati, operai, tecnici, commercianti ed esercenti, piccoli imprenditori dei nostri tempi sono in massima parte consumatori compulsivo-competitivi, ma i disoccupati e i falliti difficilmente riescono a competere nei consumi. Il rimedio fu subito trovato, grazie ai “pensatori” del Forum Economico Mondiale e ai prostituti della politica: il debito allegro, il mutuo facile, il prestito avventato. (4) Prime e seconde case di proprietà, pizzerie, bar, ristoranti, negozi, b&b, villaggi turistici… Con il mutuo si aprivano attività, si ristrutturavano borghi abbandonati per farne alberghi di lusso, si facevano vigne e si comperavano enormi trattori, mastodontici camion per trasportare la pletora di merci che viaggiavano in tutto il globo, si aprivano agenzie pubblicitarie per promuovere tutto ciò; con i prestiti gli Stati costruivano autostrade, milioni di rotonde in tutta Europa, comperavano miliardi di videocamere e di vaccini di ogni tipo. Così l’economia girava, così l’economia gira. E le merci a basso costo prodotte dagli schiavi nei paesi lontani aumentavano il nostro potere di acquisto. Un’economia drogata, fondata sul debito e sull’inflazione, sui prestiti e sulle sovvenzioni degli Stati, sovvenzioni dirette o indirette alle multinazionali e alle mafie, ci ha portati fin qui. Distruggendo, assieme a terre, acque, piante, animali e la stessa atmosfera di questo pianeta, la nostra capacità di intendere e volere. Distruggendo la solidarietà, il senso critico, l’autonomia, le capacità manuali e intellettuali di gran parte degli umani. Riducendoci, da animali di branco, cioè di comunità, che eravamo, a mandrie acefale guidate solo dalla competizione sociale. Ma è, appunto, un’economia drogata. La continua emissione di miliardi da parte degli Stati non fa che indebolire le monete, creare inflazione e, di seguito, recessione. Il denaro è solo il simbolo dei beni che con esso si possono acquistare e, per quel che riguarda il denaro degli Stati, è il simbolo dei possedimenti degli Stati stessi. Non cresce e non diminuisce “emettendolo”, cioè stampando più moneta: più denaro si stampa e c’è in circolazione e meno vale la moneta e, se diminuiscono i beni degli Stati, dato che li stanno privatizzando tutti, il denaro vale ancora meno. Se il denaro vale di meno, le merci costano di più: è questo che chiamiamo inflazione. Ma, se le merci costano di più, la gente ne compera di meno: è questo che chiamiamo recessione. Infine, i debiti prima o poi bisogna pagarsli e, se pagarli non si può, si fa fallimento e i propri beni vengono pignorati: che si sia commercianti, industriali e persino Stati. Come ci hanno dimostrato recentemente Argentina, Sri Lanka, Etiopia… (3) Se poi i beni non ci sono e i debiti non vengono in qualche modo ripagati, a fallire saranno le banche, e nel loro naufragio sprofondano tutti i passeggeri. Sta succedendo? L’economia del debito allegro, dello spreco infinito, della crescita come religione e obiettivo di ognuno e di tutti, sta esalando l’ultimo respiro? Una cosa è certa: finito il credito-debito allegro, finirebbe la crescita inutile e dannosa, il consumismo sfrenato e competitivo, finirebbero le grandi opere e le sovvenzioni alle multinazionali. E, naturalmente, il ripristino delle barriere commerciali tra Stati, cioè dei dazi, renderebbe non più così conveniente produrre merci nei paesi schiavi e, assieme alla diminuzione dei consumi da parte degli indebitati-insolventi di ogni tipo, assieme alla diminuzione dei consumi determinata in parte dall’inflazione e in parte dal non avere più schiavi che producano per una paga di un dollaro al giorno, contribuirebbe allo sgretolamento delle multinazionali-finanziarie globali, di quel capitalismo parassita che oggi domina il mondo. Sarebbe la fine della società in cui viviamo; del consumismo demente, della parossistica competizione; della comunità artificiale fatta di feste e festini inventati, di frenetici spostamenti da un capo all’altro del mondo per futili motivi, di eventi creati in ogni dove per attirare masse che consumino e paghino, di supermercati riempiti di ettari di scaffali di cibo-spazzatura, di saune, piscine private, campi da golf, crociere da crapula… Ma rimarrebbero le scorie. Non solo quelle materiali, con cui abbiamo inquinato l’intero pianeta da un polo all’altro compresa l’atmosfera e gli abissi marini. Anche quelle sociali: frustrazione, violenza, ignoranza, egoismo irresponsabile, dipendenza cibernetica. Più tardiamo ad affrontarli e più difficile sarà averne ragione, più tardiamo ad affrontarli e più grande è il rischio di venirne travolti. Il globalcapitalismo ha bisogno di una dittatura ma non riesce a instaurarla perché è un sistema moribondo, senza più consenso e che ha divorato le sue stesse viscere. Ma è un sistema di cui facciamo parte: un impero mondiale senza imperatori, con a capo i consigli di amministrazione delle multinazionali, i lobbisti delle multinazionali, i centri di ricerca delle multinazionali o al loro servizio, i politici lacché delle multinazionali, ma anche con gli eserciti sterminati di consumatori irresponsabili e di “investitori” nelle loro azioni e obbligazioni, che ne sono la base. Combattere il sistema è impossibile, se non si esce dal sistema, e uscire dal sistema è impossibile, se non lo si contrasta combattendolo. Solo queste due cose assieme, la lotta politica e le scelte di vita e di consumi responsabili possono riuscirci e, nello stesso tempo, creare l’embrione di una nuova società. Perché non si debba tornare a scrivere: “Voi vedete esplodere dinanzi a voi la collera del Signore… Non vi sono che città spopolate, monasteri rasi al suolo o incendiati, campi resi deserti… Ovunque il potente opprime il debole e gli uomini sono simili ai pesci del mare, che si divorano alla rinfusa tra loro”. Anno 909, scritto dei vescovi della provincia di Reims. Questo era lo strascico secolare e sanguinoso di un impero durato più di mezzo millennio e che aveva sconvolto e corrotto il mondo. Lo trovate somigliante? Però non è vero che gli uomini somigliassero ai pesci del mare, i quali non si divorano alla rinfusa, molto raramente divorano i loro cospecifici, e, quando sono sazi, sono pacifici e contenti.

1)https://www.thinkglobalhealth.org/article/global-life-expectancy-declines-first-time-30-years

https://ec.europa.eu/eurostat/web/products-eurostat-news/-/ddn-20220506-2

https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC9462908

2)https://blogs.cdc.gov/nchs/2023/11/01/7479/

https://www.thelancet.com/journals/lanepe/article/PIIS2666-7762(22)00032-1/fulltext

https://www.ons.gov.uk/peoplepopulationandcommunity/birthsdeathsandmarriages/deaths/bulletins/childhoodinfantandperinatalmortalityinenglandandwales/2022

3)https://www.universityofgovernance.com/post/the-decline-of-small-and-medium-enterprises-smes

https://www.mdpi.com/2227-7099/8/4/79

https://www.weforum.org/stories/2019/12/the-global-decline-of-manufacturing

https://cepr.org/voxeu/columns/declining-share-manufacturing-jobs

4)https://www.weforum.org/stories/2023/12/what-is-global-debt-why-high/

https://osservatoriocpi.unicatt.it/ocpi-pubblicazioni-conti-pubblici-il-rischio-italia-nel-contesto-globale